Il colesterolo, un nome che tutti noi associamo ad episodi quali infarto, ictus, ischemia, i cosiddetti eventi cardiovascolari, molto pericolosi e molto spesso fatali e che possono compromettere per sempre la vita di un individuo.

Il colesterolo, una molecola fondamentale per la fisiologia del nostro corpo, basta elencare le sue funzioni principali per capirne l’importanza

– regola la fluidità delle membrane delle nostre cellule (senza non potrebbero esistere);

– partecipa alla sintesi degli ormoni sessuali femminili e maschili;

– precursore della sintesi della vitamina D, come sappiamo tutti importante nel metabolismo osseo;

– precursore della sintesi degli acidi biliari (la bile) importanti nell’assorbimento dei grassi nell’intestino;

Il colesterolo proviene soltanto dalla dieta giornaliera?

Una credenza popolare. Il colesterolo è principalmente “prodotto” all’interno del nostro corpo: nel fegato precisamente. Giornalmente, tramite la dieta, possiamo introdurre tra i 300 ed i 700 mg di colesterolo mentre la produzione endogena raggiunge circa 800 mg di colesterolo. Un altro fattore che influenza i suoi livelli nel sangue è l’assorbimento intestinale del colesterolo stesso, molto individuale visto la presenza di soggetti “ipo-assorbitori” ,cioè che assorbono meno colesterolo, rispetto agli “iper-assorbitori”.

È sbagliato pensare quindi che un’aumentata assunzione di cibi ricchi in colesterolo comporti un aumento dello stesso nel sangue (a riguardo rimando il lettore al mio articolo sul Corriere della Piana del 25 Novembre 2019 riguardo il consumo di uova).

L’ipercolesterolemia

Quando i valori di colesterolo e trigliceridi si trovano oltre i valori “desiderabili” si parla di dislipidemia; si parla di valori desiderabili e non di riferimento poiché cambiano a seconda che si tratti di un soggetto sano o meno (nei soggetti patologici i valori normali sono più bassi).

Le cause delle dislipidemie sono varie, metaboliche e genetiche ad esempio ma anche di natura secondaria, provocata cioè dal altre malattie come ipotiroidismo, obesità, diabete, insufficienza renale cronica per citarne tra le più importanti. Nella maggior parte dei casi, nella dislipidemia, si assiste sempre a valori elevati del colesterolo “cattivo”, il colesterolo LDL (Low Density Lipoprotein, proteina a bassa densità) molto ricca in colesterolo ed è la forma sotto la quale viene trasportato da una cellula all’altra nell’organismo.

Tra le varie cause dell’ipercolesterolemia vi sono quelle genetiche; una forma molto pericolosa di dislipidemia è quella familiare, una malattia ereditaria che provoca un aumento del colesterolo nel sangue, di quello LDL “cattivo”, e che aumenta il rischio di comparsa precoce di malattia cardiovascolare. È una malattia genetica autosomica dominante che compare sin da piccoli. Ma cosa vuol dire? Se uno dei due genitori è affetto da questa malattia c’è il 50% di probabilità che anche il figlio (indipendentemente se sia maschio o femmina) ne sia affetto. L’alterazione genetica può essere trasmessa da entrambi i genitori al figlio ed in questo caso avremo una forma molto più grave e, fortunatamente, molto più rara (1:1.000.000) di dislipidemia.

L’ipercolesterolemia familiare è causata da un’alterazione al recettore deputato a rimuovere il colesterolo LDL dal sangue e portarlo all’interno della cellula. Il colesterolo in eccesso si deposita quindi sulla parte dei vasi sanguigni.

Quando si dovrebbe sospettare l’esistenza di questo tipo di dislipidemia familiare?

– In soggetti con elevati livelli di colesterolo

– Malattia cardiovascolare presente in età giovanile (sotto i 40 anni).

In questi casi andrebbe valutato anche il profilo lipidico del paziente e di tutta la sua famiglia. Per profilo lipidico s’intende: colesterolo totale, colesterolo HDL, colesterolo LDL e trigliceridi. Il trattamento è tanto più efficace quanto più precocemente viene iniziato, può salvare la vita del paziente e dei suoi parenti.

La diagnosi della malattia avviene mediante test genetico che individua la presenza del gene difettoso per il recettore delle LDL. Nelle famiglie in cui è stata fatta una diagnosi da ipercolesterolemia familiare sarebbe opportuno che i bambini venissero sottoposti al test genetico in età scolastica al fine di modificare tempestivamente la dieta e le abitudini alimentari.

Il trattamento dell’ipercolesterolemia

Quali sono i due passi fondamentali nel trattamento? Andiamo in ordine:

  1. Modifica dell’alimentazione;
  2. Terapia farmacologica;

Le modifiche della dieta possono ridurre il colesterolo del 10-15%. Nei soggetti con la forma familiare, in cui il cambiamento della dieta non è sufficiente, si deve instaurare anche un trattamento farmacologico.

Tornando all’approccio dietetico, nei soggetti con ipercolesterolemia familiare è raccomandato:

– basso apporto di colesterolo dalla dieta (proveniente da uova, carne, prodotti lattiero-caseari come formaggio, panna, burro) e di grassi saturi (carni, margarine solide, prodotti dolciari, fast food)

– privilegiare il consumo omega-3 (grassi insaturi) almeno 2 volte a settimana, come pesce oppure come olio di fegato di merluzzo, da integrare alla dieta;

– la fibra (frutta e verdura, cereali integrali) può essere in grado di limitare l’assorbimento intestinale del colesterolo, facilitandone l’escrezione con le feci e riducendo i livelli nel sangue.

Il trattamento farmacologico (che non approfondirò in quanto argomento del medico specialista) può prevedere diversi farmaci usati da soli o in combinazione tra loro. La terapia farmacologica, uno stile di vita sano ed una dieta “amica del cuore” devono protrarsi per tutta la vita.

Nei bambini con ipercolesterolemia familiare il cambiamento della dieta dovrebbe coinvolgere tutta la famiglia. È importante che l’alimentazione venga corretta il prima possibile, poiché richiede tempo, spesso mesi o anni, e deve essere seguita da un nutrizionista o medico. Ovviamente quello che conta è quello che si mangia “abitualmente”, qualche occasione “strappo alla regola” non comporta un sostanziale aumento della colesterolemia.